mercoledì 7 ottobre 2015

Non estradate Pizzolato. Appello al presidente Mattarella

di Geraldina Colotti


L’ingiustizia segue il suo corso. Impla­ca­bile. E tra­volge in un mec­ca­ni­smo opaco incu­rante del merito, del diritto e della pie­tas, la vita del sin­da­ca­li­sta italo-brasiliano Hen­ri­que Piz­zo­lato. Dete­nuto nel car­cere di Modena per reati finan­ziari che ha sem­pre negato, Piz­zo­lato viene estra­dato oggi in Bra­sile. Il mini­stro della Giu­sti­zia ha deciso di ese­guire il prov­ve­di­mento senza aspet­tare la deci­sione della Corte euro­pea dei diritti dell’uomo a cui i difen­sori del sin­da­ca­li­sta si erano rivolti. Il sena­tore Luigi Man­coni, che ha seguito il caso insieme alla col­lega del Pd Maria Ceci­lia Guerra, ha gio­cato ieri l’ultima carta uma­ni­ta­ria: ha rivolto un appello urgente al pre­si­dente della Repub­blica Ser­gio Mat­ta­rella, facen­dosi inter­prete di quello sot­to­scritto dai volon­tari dell’associazione "Car­cere e Città".

«In Bra­sile e in par­ti­co­lare nel com­plesso car­ce­ra­rio cui è desti­nato il nostro con­cit­ta­dino — dice l’appello — i rischi per l’integrità fisica e psi­co­lo­gica di Hen­ri­que Piz­zo­lato sono altis­simi. Peral­tro il trat­tato attual­mente in vigore tra l’Italia e il paese suda­me­ri­cano esclude l’estradizione se i diritti fon­da­men­tali della per­sona sono a rischio». Nono­stante i passi avanti com­piuti dai governi pro­gres­si­sti di Lula e Rous­seff, il livello di vio­lenza pre­sente nelle galere bra­si­liane — rego­late da dispo­si­zioni fede­rali — resta altis­simo. Nel car­cere di Papuda, a cui è desti­nato Piz­zo­lato, nel 2013 vi sono stati 2 sui­cidi, 14 omi­cidi, 30 morti. L’anno scorso, gli omi­cidi sono stati 10 nei primi sei mesi.
Piz­zo­lato ha la dop­pia cit­ta­di­nanza. Quella ita­liana l’ha acqui­sita nel 1994, come nipote di un deco­rato per meriti di guerra. E’ stato diret­tore di mar­ke­ting del Banco do Bra­sil. Nel 2012, un tri­bu­nale bra­si­liano lo ha con­dan­nato a 12 anni e 7 mesi per lo scan­dalo del Men­sa­lao, rite­nen­dolo col­pe­vole di cor­ru­zione e pecu­lato. Respon­sa­bi­lità che il sin­da­ca­li­sta ha sem­pre negato, denun­ciando un pro­cesso viziato all’origine, teso a col­pire l’ex pre­si­dente Lula.
I diritti alla difesa dell’imputato sono stati vio­lati fin dall’inizio, hanno com­men­tato auto­re­voli giu­ri­sti inter­na­zio­nali: diverse prove che avreb­bero potuto dimo­strare l’innocenza di Piz­zo­lato sono finite in un’indagine paral­lela coperta da segreto: e ai difen­sori non è stato per­messo pren­derne visione se non in un secondo momento. Per que­sto, il sin­da­ca­li­sta si è rivolto alla Com­mis­sione inte­ra­me­ri­cana dei diritti dell’uomo, dov’è pen­dente un pro­ce­di­mento, e anche alla Corte euro­pea dei diritti dell’uomo. Il pro­cesso per il Men­sa­lao è stato cele­brato davanti al Supremo tri­bu­nale fede­rale, mas­simo organo giu­ri­sdi­zio­nale bra­si­liano, com­pe­tente a giu­di­care i reati com­messi da depu­tati e mini­stri, la cui sen­tenza non ammette impu­gna­zione. Il caso di Piz­zo­lato, che non rico­priva alcuna carica poli­tica, avrebbe dovuto essere stral­ciato, ma così non è avve­nuto e il sin­da­ca­li­sta non ha quindi potuto ricor­rere in appello. Per que­sto, ha deciso di fug­gire e di rifu­giarsi in Italia.
Il 28 otto­bre del 2014, la Corte d’Appello di Bolo­gna ha negato l’estradizione, rico­no­scendo il rischio di vita che corre Piz­zo­lato nelle car­ceri bra­si­liane. Con­di­zioni che moti­vano la legge sul tra­sfe­ri­mento dei con­dan­nati ita­liani dete­nuti nelle car­ceri bra­si­liane, a cui per que­sto è con­sen­tito espiare il resto della pena in Ita­lia. Lo ha sot­to­li­neato pro­prio la pro­mo­trice del dise­gno di legge, Renata Bueno. La stessa che, però, ha con­dotto in prima per­sona la bat­ta­glia con­tro la per­ma­nenza in Ita­lia di Piz­zo­lato: espri­mendo il pro­prio com­pia­ci­mento quando, in aprile, il mini­stro della Giu­sti­zia ha con­sen­tito l’estradizione a seguito del ricorso in Cas­sa­zione, sfa­vo­re­vole al sin­da­ca­li­sta. In un’interrogazione urgente al mini­stro Orlando chie­dono i sena­tori Man­coni e Guerra: «Quali pres­sioni ha subito e subi­sce il Governo italiano?»


Da Il Manifesto, 7 ottobre 2015

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