giovedì 23 aprile 2015

Una lettera al Ministro della giustizia Andrea Orlando

Egregio Sig.
Ministro Andrea Orlando

Mi chiamo Andrea Haas e mi permetto di scriverLe per esporLe alcune sensazioni, osservazioni e anche fatti che spero possano servirLe a prendere una decisione in favore di mio marito Henrique Pizzolato, in attesa della decisione sulla richiesta di estradizione presentata dal Brasile.

Per me è assolutamente terrificante pensare che Henrique potrà essere estradato in Brasile per scontare una pena totalmente ingiusta che è stata determinata dai giudici che hanno deciso di condannarlo, nonostante le numerose prove documentali e testimoniali a sostegno della sua innocenza. 
É terribile sapere che le autorità brasiliane – il Ministro della Giustizia e il Procuratore Generale (Pubblico Ministero) – che dovrebbero garantire i diritti previsti dalla Costituzione federale brasiliana come il diritto di uguaglianza, il diritto di difesa, il diritto a un processo equo, hanno invece permesso la violazione di questi diritti nel processo in cui Henrique è stato giudicato. Nonostante lui fosse un comune cittadino è stato infatti processato da un tribunale d’eccezione e non ha avuto il diritto ad un giudice naturale ed imparziale, non ha avuto il diritto al doppio grado di giudizio, il diritto di appello.
Per le persone normali sembra folle sentire che un giudice della Corte Suprema e il  Procuratore generale della Repubblica abbiano nascosto prove per la difesa degli imputati, e tra questi Henrique, ma purtroppo questo è vero. Sembra anche folle sentire che un giudice della Corte Suprema, ora presidente di questa corte, all’epoca del giudizio si è sentito minacciato dalla stampa e per sbarazzarsi della pressione mediatica che ha richiesto giustizialismo e le condanne di tutti gli imputati, ha deciso di condannare Pizzolato leggendo l'opposto di ciò che era scritto nei documenti. Purtroppo tutto questo è successo e vi sono le prove.
Oggigiorno sembra assurdo che la vita di una persona possa essere negoziata come se fosse un oggetto di scambio per ottenere qualche vantaggio politico e personale, ma purtroppo constato che è un dato di fatto, anche espresso dall'On. Bueno, che ha affermato, con riguardo all’estradizione di Pizzolato: "Questa è l’ora di fare lobby ", riferendosi al suo desiderio di vedere Pizzolato estradato per scontare la sua pena nelle carceri brasiliane le cui condizioni lei stessa ha definito con i suoi colleghi parlamentari italiani come “intollerabili e offensive per ogni essere umano." È terribile pensare che Pizzolato sia considerato una “cosa”, una merce di scambio e, così, il suo destino possa essere incrociato con quello di Cesare Battisti.
Molte volte stento a credere che qualcuno possa pensare che sia giusto che una persona che è stata giudicata da un solo tribunale, senza diritto a un ricorso, meriti di essere sommariamente condannata. Io insisto - o meglio, insistono e lo “gridano i fatti e le carte”, come una volta ha detto Enzo Tortora - affinché le prove documentali del processo brasiliano siano lette, perché dicono che Pizzolato non ha commesso i crimini a lui attribuiti.
Henrique, pur avendo subito molte ingiustizie crede ancora nella giustizia. Questo mi commuove molto. Crede nella giustizia nel suo senso più ampio: nella giustizia dei tribunali, nella giustizia della verità contenuta nelle prove e nei documenti, nella giustizia di Dio e anche degli uomini che difendono la giustizia. Egli è venuto in Italia per ricercare quella giustizia che gli è stata negata in Brasile e non ha paura di essere giudicato da un tribunale che non è soggetto ai media e alle pressioni politiche.
Io, una persona non così credente, mi fido dei fatti e di ciò che è scritto nelle molte prove e nei documenti, ma confesso che ho perso la fiducia e ora ho paura dei tribunali, perché ho sentito il presidente della Corte Suprema brasiliana dire "Anche in presenza degli stessi fatti, degli stessi eventi, e persino degli stessi documenti e delle stesse leggi, tutto comunque ammette una lettura diversificata”(!!!).
Per me è molto triste vedere il Ministro della Giustizia brasiliano ed il Procuratore Generale della Repubblica insistere affinché l'Italia estradi Pizzolato, perché oltre a non avere garantito un processo equo per lui, ora insistono nell’offrire garanzie che Pizzolato avrà sicurezza ed i suoi diritti umani saranno rispettati in una prigione brasiliana - cosa non vera. La Commissione e la Corte interamericana e il Comitato CAT (contro la tortura) hanno già fatto molte richieste alle autorità brasiliane affinché adottino misure concrete ed urgenti, per disarmare la popolazione carceraria e porre fine agli episodi di violenza e corruzione che si verificano nei penitenziari, causati anche dalla condizione di sovraffollamento e dalla presenza di organizzazioni (gang) criminali nei penitenziari.  Purtroppo le autorità brasiliane, tra cui il Ministro della Giustizia e il Procuratore Generale della Repubblica, non riescono a risolvere questi problemi, perché ancora omicidi e episodi di maltrattamenti e tortura di detenuti continuano a verificarsi nelle carceri brasiliane, compreso nel Penitenziario di Papuda. La tortura non è praticata soltanto contro i detenuti, ma anche contro le famiglie dei detenuti, più precisamente contro le donne, siano esse una nonna, una sorella, una moglie, una figlia adolescente o una bimba, obbligate a spogliarsi per essere perquisite nelle sue parti intime (l'ano e la vagina) per dimostrare che non portano oggetti illeciti come droghe o telefonini. Solo a questa condizione un detenuto può ricevere la visita di una nonna, di una sorella, di una madre, di una moglie o di una figlia, anche se fosse una bambina.  
Non voglio sembrare sarcastica, ma sarebbe stato meglio che l'energia e anche le spese sostenute per l’avvocato che ha rappresentato il Brasile nel procedimento di estradizione, per le traduzioni sbagliate ed incomprensibili e per i viaggi fatti dalle autorità brasiliane in Italia, fossero state destinate ad una ragione veramente giusta e urgente: il miglioramento delle condizioni nelle carceri brasiliane.
Concludo dicendo che per me è molto triste vedere come la vicenda di Henrique venga strumentalizzata, anche a costo di sacrificare la sua stessa vita, dalle autorità brasiliane.
Io ed Henrique crediamo sempre che gli strumenti che conferiscono potere agli Stati debbano essere utilizzati per evitare ingiustizie, perché non c’è lotta più ingiusta, impari e sleale di quando uno Stato utilizza i propri strumenti di potere contro i diritti di uno dei suoi sudditi.
Per Henrique ho bisogno di mantenere la speranza e di credere che possa ottenere quella tanto agognata giustizia, che spero possa essere fatta dagli uomini giusti.

16 Aprile 2015

Rispettosamente e cordialmente,
Andrea Haas

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